
Ma chi sono i fascisti rossi" Se a questa definizione attribuiamo un significato estensivo, possiamo intendere quei fascisti movimentisti e sovversivi, antiborghesi ed anticapitalisti, per lo più mussoliniani accesi, che nel Ventennio appartennero al cosiddetto "fascismo di sinistra; molti di essi, come è noto, a partire dalla fine degli anni trenta, tra smigrarono verso il Partito comunista; altri, viceversa, aderirono alla Repubblica sociale italiana, credendo di individuarvi un ritorno al fascismo repubblicano e socialista delle origini.Di questi ultimi un numero certamente elevato, forse la maggior parte, confluì in seguito nel Movimento sociale italiano, costituendone la componente definita di volta in volta di "sinistra nazionale di "destra sociale.
Ma ci furono anche quelli che, dopo l'ultima e amara delusione consumata nell'esercito di Salò, individuarono nel partito di Togliatti il referente politico più idoneo ed affidabile per realizzare quella rivoluzione che essi avevano inseguito invano nelle file della repubblica nera.
I fascisti di sinistra" di cui si parla in modo specifico nel presente volume, sono ex repubblichini, tanto sovversivi e filocomunisti che gli avversari politici (democristiani e missini) li definirono, tra la fine degli anni quaranta ed i primi anni cinquanta, fascisti rossi "fascisti comunisti, non mancando di denunciare il ruolo da essi svolto di "caronti" (come vennero anche soprannominati), ossia di traghettatori di fascisti e neofascisti interni ed esterni al Msi, dal fascismo al Pci o ad un'area a quel partito contigua.Nei primi anni del secondo dopoguerra, un Pci ancora profondamente staliniani utilizza dunque con successo questa impostazione e questi elementi ideologici nella nuova, intensa offensiva di persuasione diretta al vasto e variegato universo nero sopravvissuto alla bufera: una realtà fluida e contraddittoria, in cui si muovono tanti giovani ex repubblichini disorientati e delusi.
In molti di loro permane quel mito rivoluzionario cresciuto negli anni del regime, che li ha condotti a Salò, ma poteva condurli anche nelle file della Resistenza (spesso a farli decidere in un senso o in un altro é intervenuto il caso; una situazione, un'amicizia, un evento qualsiasi). Allo stesso modo, conclusa la guerra civile, questi reduci (tra loro ce ne sono di giovanissimi) continuano ad inseguire quella inafferrabile rivoluzione, ma sono incerti se andare a cercarla nelle file del Msi o in quelle del Pci.
Quando il partito di Almirante comincia a piegare decisamente a destra molti suoi affiliati si trasferiscono sotto le bandiere di Togliatti).Malgrado il dissenso di una parte del gruppo dirigente comunista(i secchiani)e probabili malumori nella base partigiana, questa linea, risolutamente voluta e pervicacemente perseguita dal segretario, s'impone. A gestire in prima persona l'intera operazione finalizzata al recupero dei fascisti, ed in particolare dei reduci di Salò, gli erreisti, é il responsabile nazionale della stampa e propaganda Gian Carlo Pajetta.
La storia dei "fascisti rossi" da un lato getta un fascio di luce su episodi ignorati e dimenticati(relativi, per esempio, come si é detto, anche alla politica del Pci e a quella del Msi); dall'altro la stessa esistenza di quegli strani fascisti, designati con quell'ossimorico appellativo, assume un valore emblematico, costituisce un interessante disvelamento, fornisce una suggestiva chiave di lettura di problematiche più vaste e assai importanti per la comprensione del nostro recente passato.
Edit. Mondadori
L.32000