Si celebra in questi giorni il dodicesimo anniversario della feroce repressione di Piazza Tienanmen. Ancora oggi il governo cinese continua a considerare colpevoli di aver promosso "moti controrivoluzionari" quei giovani studenti che nel 1989 scesero in piazza, armati solo di coraggio, per difendere la libertà contro l’oppressione del regime comunista che scelse di schierare i carri armati contro i manifestanti.

Ancora oggi il governo comunista cinese rifiuta di ammettere le proprie colpe, e non si degna nemmeno di rispondere all’appello firmato da 111 madri delle giovani vittime di Tienanmen. Ancora oggi il governo comunista cinese è responsabile di innumerevoli violazioni dei diritti umani in Cina, e continua a incarcerare o condannare a morte dopo processi sommari i suoi oppositori politici.

Per chi, come noi, è cresciuto in questi anni portando nel cuore l’immagine di quel giovane cinese in piedi ed immobile di fronte al carro armato, è innanzitutto un dovere politico ricordare la protesta e la grande testimonianza di libertà che ha rappresentato Piazza Tienanmen.

E’ inoltre un irrinunciabile dovere morale indignarsi non solo per ciò che ancora oggi sta accadendo in Cina, ma anche per la colpevole indifferenza della "intellighenzia" comunista che alberga nei salotti occidentali e che, con il suo tacere, continua a rendersi complice di un regime antidemocratico ed illiberale.

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